sabato 28 marzo 2015

I vini naturali assieme a Sandro Sangiorgi - Venezia 3/3/15

Se conoscete l'editoria del mondo enogastronomico non potete non conoscere Sandro Sangiorgi, fondatore di Arcigola, che poi è diventata Slowfood, editore della rivista Porthos, unica rivista indipendente del mondo del vino e grande degustatore.

In occasione dell'apertura del "Local" un nuovo ristorante green a Venezia, Sandro ha presentato nello specifico l'abbinamento con i loro piatti, studiati dallo chef Marco Tagliapietra (ha lavorato al Noma per intenderci).

A due passi dalla piazza più famosa di Venezia, Piazza San Marco, siamo entrati nel ristorante dell'hotel Wildner, che si affaccia in riva degli schiavoni (peccato perchè c'è l'imbarcadero del vaporetto in mezzo a interferire con la vista) sull'isola di San Giorgio Maggiore.
Accolti con grande cortesia e classe, ci siamo seduti affacciati sulle vetrate che danno sulla riva.
Dopo le presentazioni di rito comincia la serata, Sandro presenta la sua idea, proporci in degustazione diversi vini naturali con abbinamento per ricercare il "matrimonio" tra i vari componenti, lasciandoci stupire dal gioco studiato nel piatto tra i sapori e l'avvolgenza dei vari assaggi.

MI piace come si relaziona con il pubblico, sembra contemporaneamente essere sia un professore che un vecchio amico, mettendo tutti a loro agio, ma anche a volte stuzzicando con carattere da romanaccio DOC.

Alcune considerazioni che ho annotato mentre lo ascoltavamo rapiti:
Qual'è l'elemento essenziale che deve essere presente nel vino? Molti avrebbero risposto l'ALCOOL, o forse ancora più profondamente l'ARMONIA, in realtà è il SENSO DI BENESSERE, che suscita nel degustatore/assaggiatore.
A parte i vini industriali, i vini naturali sono più analizzabili e sfaccettati (Veronelli preferiva il peggiore vino del contadino al migliore vino industriale) e sono così variegati che si scompongono e ricompongono dentro di noi. Allo stesso tempo il vino non può essere analizzato scomponendolo, ma comprendendo tutto l'insieme di sensazioni contemporaneamente.
Non ha senso usare il legno per "correggere" il gusto del vino, o il suo profumo...
ASPETTATIVE, non abbiatene!  Abbiate rispetto dell'assaggio e abbiate cura del prezioso liquido nel calice, è costato comunque sforzi e fatica e tempo a chi lo ha prodotto.
Niente ROTEATORI, soggetti poco delicati, che agitando continuamente il prezioso liquido, lo demoliscono a livello molecolare, meglio una leggera roteazione del bicchiere in modo da bagnare le pareti ed avere lo stesso effetto veicolante dei profumi.
Ricordarsi di immettere prima della degustazione gusto-olfattiva, un sorso per avvinare la bocca; le sensazioni già ivi presenti potrebbero essere fuorvianti.
Non è solo il vino che cambia nel bicchiere davanti a noi, siamo anche noi che cambiamo con lui.

Capesante "destrutturate"

I primi due campioni di vino bianco, croccanti nell'atto del versamento, risultano velati, e subito un profumo si diffonde, ancora prima di degustarli; entra subito il primo piatto, bene con i tempi.
1. DURELLO di Menti, 2010 metodo classico, vino volutamente declassificato, venduto a testa in giù per lasciare decidere al cliente se manterere i lieviti oppure eliminarli con la stappatura.
Note fruttate e poi burrose, grande questo produttore che ho scoperto da mio cugino... e lo ringrazio per questo!
2. Velato, fiori di campo, camomilla, in bocca morbido e corposo, direi quasi caldo, è ...un SAUVIGNON della Loira, di Bruno Alion, NO solfitazione e NO utilizzo di macchinari idraulici (per evitare che venga "sballottato".
****abbinamento con CAPESANTE gratinate, destrutturate (gran bel piatto) e un pomodorino secco (che forse era troppo saporito), eccezionali comunque. Vedete dalla foto? La gratinatura è quella verde SOTTO alle capesante...

NON esiste un abbinamento perfetto, è sempre troppo soggettivo, ognuno di noi ha vissuto e vive esperienze sempre relativamente diverse da tutti gli altri ( e per fortuna) pertanto le reazioni al cibo e al vino sono poco confrontabili. Possiamo però avvicinarci.

3. Meno aromatico il terzo campione, sentori di nocciola, vino più "operaio", tiene il metallico bene. Siamo in Rodano a 5 km dal mare, cemento e vetroresina, no solfiti annata 2011, Roussanne, Chezanne e Bourboulec (solo il primo avevo sentito!).
4. Aristocratico, raffinato, elegante, meno carismatico. Chenin Blanc 2013, si sta aprendo. Bertrand Jousset.
****Baccalà mantecato (non servito però), sarebbe stato ottimo abbinamento, ma hanno tentato una strada più difficile, con un'insalata di merluzzo, la parte incisiva lavorava sul grasso, poi emergeva il resto.


5. L'incontro con l'ossidazione di per sè è già una piccola morte, rende il vino più cedevole.  Si deve però ricercare cosa può dare superato il muro coprente delle sensazioni maderizzate.
Fortemente ossidato questo quinto campione non riuscivo a interpretarlo, come del resto molti in sala. Mentre Sandro accennava al fatto che per lui era l'abbinamento pù riuscito della serata.
Il tortello con la salsa verde
Pinot Gris, Bruno Schuller, produttore che adora l'ossidazione e la rappresenta intendendola artisticamente come la libertà dei vini (annata 2012).
6. Forte volatile al primo naso, Riesling della Mosella, MOLITOR (non Marcus) 1995, ha usato della solforosa, nessuna filtrazione però, insufflazione tramite elicotteri.
La confidenza con la morte è il modo di custodire la vita.
****Abbinamento con RISOTTO di GO', a dire il vero meno intenso del solito, conoscendo questo piatto, ma comunque ottimo e delicato.

7. Chenin Blanc, timido e chuso, di Janpierre Lobinot, Cuvèe Bistrologie, chiuso a dire il vero e poco espressivo al momento dell'assaggio
8. Champagne Cotes de Aube, RM, la parte più a sud della Champagne, quindi maturazioni più complete, 3 gr/lt di zucchero.
****Tortello con salsa verde (prezzemolo), piatto saporito e ricco, l'ho adorato, abbinamento bellissimo con lo champagne, l'alimento per eccellenza, non perde mai se stesso (!!)

9. Un po' torbido, oscuro, fila via, con una grande agilità e tensione. PINEAU (non Pinot) DONNISSE. Loira, annata calda e tannica. (averlo avuto un 2011, allora sì!)..

Esperienza fantastica, grazie ragazzi e grazie Sandro, non vedo l'ora di partecipare al tuo corso a maggio!!!

martedì 24 marzo 2015

Il migliore produttore al mondo di vini bianchi ... secondo Parker (ed ha ragione)

Ho intitolato questo post alla frase che mi ha incuriosito a partecipare alla serata tutta alsaziana; di solito non considero l'opinione di un critico, ma voglio capire come ragiona uno dei critici più influenti del mondo del vino.

L'Alsazia è stata proposta in molteplici occasioni e posso dire che mi ha sempre soddisfatto in linea di massima, sia come bravura dei produttori, sia come sensazioni e equilibri dei vini proposti.

Questa sera viene proposta una carrellata di prodotti tutti della ZIND-HUMBRECHT, azienda importante in Alsazia, che produce vino dal 1620 (con la famiglia Humbrecht), quasi 400 anni!!
Dal 1959 nasce il Domaine Zind-Humbrecht, dal matrimonio di Leonard Humbrecht e Geneviève Zind.

Votati alla pura biodinamica, questi produttori mantengono i rendimenti estremamente bassi e tra i vigneti si passa solo a piedi o al massimo con i cavalli...

Punte di diamante dell'azienda, i classici vitigni alsaziani, Gewurtztraminer, Pinot Gris, Riesling e Muscat.

La cosa che mi ha colpito è la grande capacità di tutti i suoi prodotti di esprimersi a più livelli, con toni cangianti e multisfaccettati, e questo rispecchia la volontà del produttore.

Normalmente per mia memoria segno con delle stelle da una a 4 (finora ho dato 4 solamente all'Annamaria Clementi) e va detto che normalmente do una o due stelle. In questa serata mi sembrava di disegnare una costellazione sul foglio, tanti erano i vini ottimi!

Leit motiv della serata una mineralità sempre presente, con varie sfumature, dalla grafite, la pietra focaia, l'idrocarburo.... Iniziamo con il PINOT BLANC 2010, il miglior pinot bianco che abbia mai assaggiato, pur essendo inferiore agli assaggi successivi, era parte di un percorso significativo, dorato vivace, bella nota di sasso bagnato, fresco ma anche morbido, un bel bere, 19,50 forse un po' caro (come molti dei vini della serata, unica pecca)

Il PINOT GRIS 2012 era davvero un riverbero di riflessi sia alla vista che al naso, grande carattere al naso, forse meno coerente in bocca, frutta esotica e fieno in macerazione, ci stiamo solo scaldando.

Salto il terzo campione, unico vino meno interessante e mi soffermo sul RIESLING HERRENWEG de TURCKHEIM 2012, polvere da sparo che pizzica al primo impatto, poi cedro, pompelmo, agrumi ma non lime. Qui il livello si alza.(e anche il prezzo, siamo a 32)

Uno dei protagonisti assoluti della serata: RIESLING CLOS WINDSBUHL 2010, davvero eccelso. Idrocarburo e frutta matura. Vibrante, verticale, citrino, bocca pulita e desiderosa di incontrarlo nuovamente... (55 euro però!!)

GEWURTZTRAMINER 2013, aroma tipico del vitigno, con le classiche sensazioni riconoscibli di litchi e rosa fresca, a dire il vero però a confronto, per lo stesso prezzo acquisterei il NUSSBAUMER a occhi chiusi. Nulla toglie al fatto che sia un gran bel prodotto.

Secondo vino eccezionale, il MUSCAT HERRENWEG 2008, note dell'evoluzione molto presenti, innanzitutto dal colore, che super le note dorate, virando nell'ambra brillante.  Qui non si avvertono note di moscato, ma note di frutta cotta, mela e pera (credo si dovesse aprire un po' di più, magari averlo avuto a casa...) albicocca secca, basso residuo zuccherino, ma presente.

Un vino dall'ottimo rapporto Q/P è stato il ZIND 2010, che prende il nome dell'azienda, l'ho anche acquistato! Non posso dire che sia stato al livello degli altri, ma senz'altro mi ha lasciato una bocca perfetta e il ricordo dell'idea produttiva del vignaiolo.

Finale con i due dolci, che non ho apprezzato, forse a causa dell'abbinamento poco riuscito, mousse con crema all'arancia e cioccolato fondente, troppo intensa e anche fredda quindi inabbinabile.

Cercherò ancora questi vini e li consiglio vivamente.

domenica 8 marzo 2015

Degustazione AIS a Treviso assieme a Luca Martini, i vini del vecchio mondo

Libano, Israele e Georgia, culla della vite e del vino, sono paesi poco conosciuti in Italia dal punto di vista della produzione di vino.

O meglio, sappiamo tutti che ne producono, ma a dire il vero non sono molto ben distribuiti nè proposti nelle enoteche. Dopo questa serata mi sento proprio di dire che dovrebbero.

Il delegato AIS di Treviso, Wladimiro Gobbo, presenta il grande campione toscano Luca Martini, miglior sommelier WSA 2013, assieme ad un panificatore e un affinatore della zona e alle rappresentanti del consorzio del prosecco Valdobbiadene Superiore.

Unica pecca della serata la marchettona di un abbondante quarto d'ora sul prosecco, sulla denominazione, quanti sono i produttori, quanti ettari, ecc ecc... Che nervoso mi ha fatto.
Poi Luca ha chiesto scherzosamente alla rappresentante se fosse veramente il metodo ancestrale il prosecco tradizionale, lei ha risposto che in realtà è nato prima il prosecco fermo (ma cosa dice!!) infatti Gobbo ha corretto il tiro dicendo che è il colfondo... che figuraccia.

A parte questo la serata si è svolta benissimo, considerate le persone in sala (credo più di cento sicuramente), ottimo servizio, rapido e senza sbavature, i vini proposti sono stati spiegati da Luca con descrittori inusuali e soprattutto con grande modestia e bravura.

1. Chateau MUSAR white 2000, il nome dei vini libanesi conferma la grande presenza di enologi e vitigni provenienti dalla Francia, in questo caso si tratta di OBAIDEH e MERVAH, due nomi che non sentiremo spesso, ma fanno riferimento ad altri due ben più famosi, rispettivamente SEMILLON e CHASSELAS.
Prima annata in commercio, colore TOPAZIO, un colore brillante, vivo, è una gemma preziosa, splendido. Speziatura molto presente appena si mette il naso nel bicchiere, legno di cedro (in libano è anche l'albero nazionale!), fiori di zagara, timo, rosmarino, mandorla e note burrose come di burro di arachidi.
Avvolgente, secco, chiude su note mielate, minerale, finale anche di nettarina. Un filo di tannino, probabilmente ha macerato qualche ora sulle bucce, e buona corrispondenza naso/bocca.
Io l'ho adorato e sebbene avesse 15 anni chi li sentiva!!
2. Chateau MUSAR Red 1998 un rosso dopo un bianco, scelta che va contro alle normali regole ma con Luca si può, infatti ogni assaggio era calcolato bene. Stesso produttore, stessa vallata, Bekaa, qui siamo come vigneti nel sud della Francia, Cabernet Sauvignon, Carignan e Cinsault.
Colore e sentori dell'evoluzione. Luca rileva che forse l'annata o il luogo stesso erano molto caldi infatti ci sono stati probabilmente dei problemi in fase di maturazione; ricorda lo stile dello Chateneuf du Pape.
Poca materia colorante, note balsamiche, gomma bruciata, china, curcuma, ematico, menta selvatica.
Secco e fresco, asciuga le mucose, note fruttate, corrispondenza meno marcata del primo, prugna fresca.
Questo vino per me non aveva lo stesso "quid" emozionale del primo, non l'ho compreso forse. Resta il fatto che fosse veramente interessante.
Anfore da vino, tratta dal web
3. Iago Bitarishvili Chardakhi 2012 anforato, siamo in Georgia, regione Kartli,vitigno CHINURI, qui i vitigni autoctoni sono talmente tanti (oltre 1200 ma possiamo dire che vinificati in quantità maggiori solo la metà) che superano la ricchezza ampelografica italiana (unico paese al mondo che ci supera). Qui entriamo nel mondo degli anforati, vini che vengono lavorati in queste grandi anfore (ma più piccole di quelle di Gravner)
Note ossidative subito preponderanti, lento nel bicchiere, lacrime lente e archetti fitti, the al gelsomino, anice, pesca secca, albicocca secca, papaya, pasta al curry . Secco, caldo, pieno, fresco, tannico, un tannino che dà spessore al sorso, cremoso, che lascia in bocca note pulite.
Intenso e persistente, pochissima solforosa. Ricordare il nome delle anfore QVEVRI.
4. Zurab Topuridze Chkhaveri Blanc 2013 ancora in Georgia, regione Guria, vitigno Chkaveri, è tipo uno chardonnay per capirsi, sentore di RIDOTTO (ma non me lo ricordo già più...) con questa bassa solforosa probabilmente ha risentito delle condizioni meteo o dell'umidità cambiata (sono vini molto sensibili). Caucciù, anice stellato, pompelmo (io ho sentito anche luppolo, come di birra IPA).
Vino Triple A, limone, anzi LIME, ginestra appassita, cedrata.
Vino che Luca trova molto stimolante, noi così com'era nel bicchiere proprio no, ma divertente da scoprire sì questo posso dirlo.
5. La lunga carrellata (8 campioni) continua inarrestabile,  ancora in Georgia, con OUR WINE, Saperavi Grand Cru AKHOEBI 2011, Regione Kakheti, il vitigno Saperavi assomiglia ai cavalli di razza Sagrantino o Mavrodaphne, grande capacità tannica.
Cupo, non troviamo grande evoluzione, il colore è impenetrabile e macchia le pareti del bicchiere, lasciando anche molto residuo. Color melanzana, ai fianchi. Tanta freschezza (lanciando uno sguardo all'interno del bicchiere, il colore è vivido), un naso complesso etereo, come di cera (mi ha ricordato all'istante le candele colorate) cumino, caffè, cioccolato arrostito (!!!) fieno bruciato e carne alla griglia (qui Luca si è sbizzarrito!) finale di aceto balsamico al melograno (neanche sapevo esistesse).
La grande acidità bilancia ottimamente il tannino, che altrimenti sarebbe improponibile.
Abbinamento? Spiedino di pecora (le note animali vengono mitigate dal tannino), pesto di ceci e yoghurt greco.
6. Arriviamo in Israele con  GAMLA Brut non vintage 2011 M.C. prodotto in Galilea, da Pinot nero e Chardonnay. Il colore si avvicina ad un cipria, era più su note di buccia di cipolla che dorate.
Biscotto, brioche, pane tostato, semi di finocchio, pepe bianco, note boisè (boscoso). Secco, fresco, lime, cedro candito, chiusura vibrante. E' un vino KOSHER.
In Israele i prodotti come questo (o forse tutto) deve rispettare le imposizioni della Torah, ogni prodotto deve essere controllato dal rabbino, deve seguire certe tipologie di preparazioni (in casa hanno due lavandini, uno per i preparati KOSHER), ma nel nostro caso i lieviti devono essere per forza SELEZIONATI, in quanto i lieviti indigeni non hanno provenienza o certezza, potrebbero essere "impuri"
Poco altro da dire se non che lo abbiamo ADORATO !    

7. settimo campione, sempre Israeliano, YARDEN Chardonnay Organic ODEM 2012, colore ORO vivace, naso di vaniglia, cocco, banana, ananas candita, frutto della passione, latte di cocco, mela e cannella, KOSHER (lieviti francesi selezionati).
Questo vino è stato presentato secondo me per confrontare un tipo di prodotto diverso, meno stimolante degli altri ma tecnicamente perfetto (era piacevole ma troppo semplicione, i sentori erano tutti morbidi così come il vino, nessuna freschezza, tanta vaniglia ecc.).
Luca ha anche così voluto vedere cosa ne pensava la platea in sala. Tutti concordi nello "scartare" questo campione, che comunque faceva parte del percorso logico.
8. Ultimo vino, un rosso, YARDEN Pinot noir 2009 stesso produttore dello chardonnay n. 7, sempre Israele quindi, zona di Katzrin, Northern Golam. Pinot nero. Rubino, evoluto. Brilla verso tonalità mattone, sull'unghia ("RIM" in inglese) e danza lento nel calice (14,5%) lacrimazione lenta, fitta e regolare. Equilibrio fra lacrime, nel modo in cui scorrono (questo passaggio però non mi è stato chiaro, approfondirò). Naso pulito e franco. Carruba, curcuma, pepe rosa, fragola, mentuccia muraiola, funghi, champignon e charantelle.
Secco, fresco tannino polimerizzato che dà spessore e lunghezza, ricordarso le tre colonne portanti del tannino del vino: SAPORE//SPESSORE//LUNGHEZZA. Mineralità e note boisè.
Io l'ho apprezzato e mi ha ricordato un pinot nero di borgogna che ho assaggiato il mese scorso...

Grazie a Luca e alla delegazione di Treviso per questa bella esperienza, tornerò a trovarvi!